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2 gennaio 2009

La cura

Nei giorni che seguirono la pace aveva ucciso un inafferrabile serenità, sbiadisce il colore delle luci che nelle feste si moltiplicano come cavallette che illuminano ancora la guerra tra le spade del pensiero e gli scudi esterni ed interni.
La buona protezione si sa ci protegge dalle malattie.
La buona protezione si sa è una vita in una camera a gas.
A ovest esistevano solo sconfinati campi e colline piene d’avorio e di alberi di seta, ma il popolo inerme quasi si pentì di aver avuto gambe ignave incapaci di compiere il passo.
La libertà in sintesi era la sola e pura consapevolezza ma il sapere statico è l’amante più passionale per la sconfitta dinamica.
Non c’era più traccia erano state cancellate le orme di una rivoluzione tanto inutile quanto immaginata, il sole nella stagione fredda rende il celeste quasi macchiato, e poi ancora sempre più nascoste e predominanti le stelle ruvide con le proprie corone di spine.
Nei cieli radicati a terra ognuno ha un regno ed ognuno è re, ognuno ha le sue croci e ognuno i suoi chiodi, ma sul golgota accade sempre qualcosa forse è il cielo che è più grigio o forse sono le nuvole che sono troppo bianche e colui che ci salva sembra sempre troppo disastrato per portarci pienamente al sicuro
La cura quella che avevano inventato gli antichi, la cura quella che aveva violentato il secolo scorso è stata dissacrata.
Nel silenzio le dieci cenerentole perdono le scarpe ma dopo un attimo d’esitazione riprendono a ballare.

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