ATTENZIONE QUESTO BLOG HA CONTRATTO LA MENINGITE...

SE SIETE PERSONE SOGGETTE A FACILI TURBAMENTI TUTELATEVI NON LEGGETE..


21 giugno 2013

Poesia del lavoro


Sono sogni muti quelli che più impressi
Rimangono dentro come un respiro trattenuto
Sogni disperati e vivi che non ti parlano ne fremono di spiegarsi
Sogni sedotti dall’inconscio, bianchi e lucenti
che ti aprono la strada del buio
Apnea di vita che libera preme e di nuovo libera
Ossigeno vero in terra carbonica
Voglio solo bruciare, bruciare, bruciare
Bruciare, bruciare fino raschiare il fondo del calore della cenere
Sono sogni muti quelli che ti rivelano la verità
In un chiasso assordante di musica cruda
Ascoltata da assurda negligenza
di libera scelta in cui esprimo
Parola fatta carne
Silenzio vivo e  anima

20 giugno 2013

02:53

anima in prosa sfatta ricomposta
secondo piani inclinati
di soggettiva giustizia edile
in compassionevole trepidante stato di emozione
feroce violento vitale
confinante all'esilio
clandestino nel niente
che mi rigetta in mare aperto
fascista desiderio che mi amplia l'affanno
il respiro il danno all'inganno
sciogli distogli e ancora mordi
in nodi tra le unghie pensanti
colanti di sangue imbrattato di cupidigia
che richezza fu prima ossigeno fumo
e poi incenso
mesto riflusso che onda su onda
si infrange poi muore
e si schiude e rinasce
in quello che ho dentro

19 giugno 2013

La libreria

Entro in libreria che saranno le nove e mezza, come prima cosa ovviamente scruto verso la cassa per vedere se ci sei, ma non ti trovo, così mi metto alla tua ricerca in ogni angolo del posto, cerco in ogni stanza del locale, come un cane che sente il profumo di un osso  e si mette a scavare ettari di terra ma non lo trova. La cassiera di stasera non ha neppure un quarto del fascino che emani, ha gli occhi spenti e non puzza di vita come te.
Ci rimango male quando mi rassegno al fatto  e realizzo che davvero stasera non ci sei. La libreria non è la stessa, è come un libro senza pagine.
Non so ne come ne perché ma c’è un qualcosa dentro di te che mi attrae fortemente, saranno i tuoi occhi azzurro ghiaccio, penetranti come può essere un chiodo in un legno secco. Devo solo capire se il martello è mosso dalla mia fantasia nervosa  oppure è insito in te, pronto a spingere ogni cosa che hai, nelle persone che sanno osservarti davvero.
Ho già fantasticato di spogliarti  sopra un letto di pagine, di morderti, di toccarti, inizierei dalle spalle che probabilmente ogni uomo che hai avuto ha sempre sottovalutato, così piccole e bianche da inalare come una striscia di cocaina, chissà se ti piacerebbe saperlo.
La prima volta che ti ho visto canticchiavi alcuni versi delle canzoni dei Doors prima di essere interrotta da un vecchio coglione che comprava un libro pressoché inutile. Sarei rimasto a guardarti per ore, forse per giorni, mentre le tue labbra continuavano a muoversi e la tua piccola voce si rintanava in ogni anfratto della Mondadori.
E’ grottesco che tu lavori lì, è come trovare un chicco del bene più puro nel male assoluto. Mondadori l’editoria del male, il manifesto del consumismo alla conquista della cultura. So che lo sai, so che ne sei consapevole, e per questo che hai quasi sempre lo sguardo perso nel vuoto, quasi a cercare una via d’uscita, quasi a giustificarti con l’universo che in fondo è la vita che ti chiede dei compromessi se vuoi sopravvivere in modo onesto.
‘’Chiedi alla polvere’’ arriva a fine settimana, così ne prenoto una copia e mi metto a cercare qualcosa di interessante. Noto una coppia di persone, madre sulla cinquantina e figlia sulla quindicina, stanno cercando disperatamente ‘’50 sfumature di grigio’’, noto best seller puttanesco , questa non me la posso perdere mi dico, così mi avvicino glielo indico e con un ghigno degno del miglior Jack Nicholson dico alla madre ‘’ottima scelta  signora’’.
E’ gratificante e soddisfacente per me prendere per il culo una persona ed essere ricambiato con una gentilezza che infatti prontamente arriva.
La tardona  secondo un copione già scritto abbocca e mi ringrazia con cortesia, fa un piccolo sorriso imbarazzato e si avvia verso la cassa,  povera frustrata signora dagli ignobili gusti letterari , spero per te che tuo marito ti chiavi un po’ meglio.
Mi imbatto  in ‘’Petrolio’’ di Pasolini, sfoglio qualche pagina poi lo rimetto al suo posto. Esco, mi accendo una sigaretta e con il suo fumo salgono in aria anche i miei pensieri. Si dilatano nebbiosi in questa città di luci e apparenze.
E’ tutto così strano, è come se avessi  oltrepassato la morte per ritornare alla vita, mi sento giovane, mi sembra che in tutto quello che mi circonda si nasconda un’opportunità silente, sommessa, pronta per essere sorpresa e morsa.
Non ho bisogni ho semplicemente fame, una fame nervosa, una fame irrequieta di vita che non mi logora ma stimola e rende raggianti i miei digiuni, i miei pasti inesistenti.
Ho sempre visto la morte come la dea della rassegnazione, come una realtà fredda che congela la speranza, tetra e sicura che ad intermittenza però rilascia il suo alito come il calore dei termosifoni d’allumino in inverno. La morte può essere confortevole a volte.
Un’ oscura e affascinante compagna di viaggio da cui diffidare come un’ombra che dietro un pieno sole compare  per ricordarti che esiste ma io mi slaccio le scarpe per scollarla dai piedi e corro con trentanove gradi verso l’asfalto infinito.

16 giugno 2013

Piccolo racconto notturno

Certa gente non dovrebbe esistere come come  non dovrebbero esistere le zanzare, troppo equilibrio e troppa tolleranza fa male all’umanità, me ne rendo conto quando cado nelle mie profondità agrodolci, certa gente è così inutile senza un cazzo di interessante da dire e da provare che non meriterebbe di sporcare il significato della parola vivere.
Eppure ci sono anche loro a rendere questo mondo sempre più caotico e volgare, sempre più ansimante e bisognoso di strapparti quel respiro di pura vita che hai, per trasformarlo in ordinaria e sonnambula morte vivente.
 
Leggere Henry Miller ha risvegliato in me una certa violenza vitale che ho sempre saputo di avere ma che non mi sono mai concesso a fondo.
 
Masturbavo questa ragazza orientale con la pistola del silicone e la minacciavo di spararle dentro il composto se non avesse acconsentito a tutta una serie di porcherie a cui l’avrei costretta. Lei era in pieno godimento, ci godeva un sacco a prendere quell’oggetto freddo e metallico su per la fica così  annuiva e gridava ‘’si’’ e mi implorava di non smettere con una forza così mascolina nelle reazioni delle gambe che mi impressionavo. Mi sembrava di lottare con due boa con le convulsioni, con due pitoni invincibili da addomesticare, con due grossi serpenti pronti a colpirmi in un qualsiasi momento.
E’ meraviglioso l’effetto che ha su di me il potere applicato al sesso, è stupefacente quanto sia così tanto eccitante avere una persona in balia dei tuoi capricci, delle tue perversioni.
Ad un certo punto mi sento diventare cattivo, le schiaffeggio una tetta e poi le stringo con forza un capezzolo, le sfilo l’utensile da dentro la vagina e la giro supina di forza.
Mi metto a leccarle il buco del culo, mentre con le ginocchia le allargo le gambe  con le mani le dilato le natiche, piccolo e roseo buco di meraviglia  fammi felice dico con voce rauca, poi mi tiro fuori il cazzo e l’appoggio con cura al suo ano umido della mia saliva e spingo, spingo senza fregarmi del dolore che può sentire, spingo quasi a violentarla mentre lei si dimena e inizia a mugolare di smettere lacrimando.
Così con la mano inizio a strapazzarle la fica, che via via si fa sempre più umida e spugnosa nelle mie mani.
Non ho un gran cazzo ma lo sento quasi strangolato nelle sue chiappe di Dea troia.
Dopo un po’  le mie cure sembrano iniziare a piacerle, inizia a dare cenni di godimento, accompagna sempre di più i miei colpi, il movimento si fa sempre più fluido, poi si alza a carponi usando le braccia e le mani e io la sbircio allo specchio che ho sull’armadio, sembra una vacca da monta con le tette che le penzolano in avanti e indietro ad ogni rintocco di cazzo, gli occhi chiusi e la bocca aperta e ansimante.
Mi dimeno, inizio a muovermi veloce, vorrei avere un cazzo di cinque o sei metri per schiantarla in due, vorrei arrivare  a chiavarle l’anima, fotterla nel cuore, farla sentire bambina, poi di nuovo grande, poi nuovamente bambina, farla sentire come la vedo, una meravigliosa cavalla di razza che sta cavalcando nelle praterie dell’Eden, una troia a cui è concessa la fonte dell’esistenza, una troia che sa amare di subire tutto quello che c’è da subire,  che sa strappare alla vita tutto quello che ha da offrire, che sa capire ed apprezzare in profondità cosa significhi essere dominata ed essere ubriaca di cazzo.
Sento che a quel ritmo non durerò molto così mi calmo un attimo, le  prendo il mento e  lo tiro su, arrivo a baciarla sulla bocca e sento un calore enorme dentro, che visione sublime una donna che mi bacia col mio cazzo in culo tutta inarcata all’indietro con i seni tesi dove eruttano capezzoli duri come marmo sopra l’altare delle mie mani. Un’animale a due teste congiunte, nudo crudo e vivo, fuso nella sodomia e nel piacere, mostro di energia.
Poi mi sveglio di soprassalto, accanto a me non c’è nessuna, nella notte non c’è stata nessuna, sono le nove di mattino e tra mezz’ora devo entrare a lavoro, faccio un sospiro, mi prendo il cazzo fra le mani e mi masturbo quasi a violentarmi mentre farnetico qualcosa che neanche capisco e vengo dovunque. Tutto si cancella, la stanza, la mia pena, il tuo viso, gli stronzi, il mondo, a me non  importa più di niente, non mi importa delle tonnellate di mediocrità che sono costretto a subire, non mi importa più dell’ora, sto venendo e sto venendo di gran gusto e fanculo a chi non lo capisce e poi rido di un sorriso così allegro e vivo, che mi sento un bambino a cui babbo natale ha portato tutti i giochi desiderati. E’ più di una sega, è un atto d’amore alla vita.
Chiamo a lavoro mi invento un malessere inesistente, avrei voluto dire ‘’ poveri coglioni e gregari state in quel posto di merda a marcire’’ ma purtroppo mi sono limitato a dare l’arrivederci all’indomani.
Oggi sono troppo vivo per lavorare, oggi è un buon giorno per vivere.

13 giugno 2013

L'ultima sigaretta della notte


È fiamma meccanica che ti da vita
ma è la mia stessa vita che ti nutre
ciò che attraversa il respiro
è un flusso di fumo ingiallito
che dall'interno delle dita ti accarezza
e ti porta dentro me
risucchiata avidamente
come bocca di bimbo mi nutro al tuo seno di madre
come ossigeno come aria vitale
aspetto di esalarti
quanti pensieri si mischiano con te
tu ti che ti consumi calda
nel Cocito della mia anima
e da lì riaffiori pulsata dal cuore in ogni dove
tu bruci e lentamente ti spegni
in simbiosi perfetta la tua morte
accende i miei ultimi passi verso la stanza del sonno
lasciandomi un gusto secco ed aspro
lasciandomi domande che mi infettano
senza toccarmi

 

12 giugno 2013

''Tutti giù per terra''


Esistono tempi per tutto. Meccanici ordinari e metodici. Imprevedibili, maledetti e stupefacenti.
Tempi veloci, tempi lenti, frammenti, porzioni e interi universi, il tempo ci soggioga, divide in violente fazioni le nostre costellazioni di pensieri, qualche secondo e a volte tutto cambia, un amore si spacca, un cuore si ferma, un figlio rimane orfano, una donna diventa uno spettro, una persona muore.
Quello che è certo è che il dolore mi purifica, orribilmente mi fa sentire vivo. Sono il fuoco e le fiamme che danno luce al sole e quest'ultimo brilla in uno sterminato e buio universo.
Cosa sarebbe l'eterna luce senza l'eterno buio, niente.
Le due facce della stessa moneta sono perfettamente antitetiche e simmetriche, coniate per dare un valore unitario al freddo pezzo di metallo.
La verità è che ho imparato ad accettare la verità, anche quando si presenta come una sodomia che si consuma nello spirito di ogni persona che ne è uscita viva.
Così in questi momenti di matura inconsapevolezza riesco a scovare una piccola alba dentro un tramonto stanco che si appoggia sul crinale del monte.
Non voglio più recitare a memoria nessuna parte che mi sia stata ritagliata, per quanto conforme e idonea ad ogni mia caratteristica, io scelgo la vita, scelgo la morte, scelgo di non scegliere, scelgo me.
Mi rimbomba in testa la tua voce strozzata accompagnata da un'espressione potente, c'era una tale unione di linguaggio che potrebbe aver dato vita ad un quadro surrealista sulle possibili sconfinate vie dell'essere intrise di disperazione, paure, stati di agitazione e coscienza dello smarrimento a cui ci obbliga la vita.

 

E poi un tremore sottile
una scossa avvertita fino al profondo
che sradica me stesso dalle proprie fondamenta
dissolve l'acido sopra cui cammino
e proietta il mio spirito oltre il profumo del freddo
E sono foglie alberi campi sterminati
di fronte a me che chino su di loro
ringrazio ogni essere vivente
ogni singola creatura
che crea energia
che poi in rivoluzione totale
libera in aria
l'identificazione della speranza
rafforza anziché distruggere la mia facoltà di sentirmi vivo
ringrazio questo scorcio di verità
che non ha niente a che fare con ciò che mi opprime
per essersi rivelato senza farmi male
intimamente male
intimamente
io gioisco di me