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4 gennaio 2014

Gennaio


Le altezze più pericolose allo sciogliersi dei miei rigidi tetti, di amianto e pensieri turbolenti, sono vette temibili agli occhi, come se non avessi mai provato a volare o a cadere dalle nuvole di ottone che questo modo di vivere inquieto ed incerto offre.

Dona come donna in calore si dona.

Dona cosa? Che cosa? Cosa è rimasto degli azzurri cieli, di libertà ingenue e magnifiche, di urla per calpestare quello che al cuore sembra ingiusto.

È il giorno dopo giorno, la giungla camaleontica della coscienza, il selvaggio mietere tutto, cosa tollero e cosa non tollero, il perché volere non è altro che mani imbrattate e fradicie di nicotina, la stessa che sublima la mia diffidenza verso una vita che si costruisce col sudore e col sacrificio seguendo progetti a lunga scadenza, progetti che mai furono più esasperati dal buon senso.

Nell’inferno dei popoli civili, il peggio dilaga e le fiamme avvampano di una luce che si fa vermiglia col consumarsi dell’ossigeno, che l’osso per i miei cani bastonati dai miei candidi battiti si faccia acciaio.

La mia sorda, stolta, preghiera di fame.

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