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16 giugno 2014

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La Polonia andava presa, conquistata, la fretta consumata, in quattro giorni, l’accanimento selvaggio contro quello che non è me, il mio Reich, il mio sordido nazismo, riflettersi in una guerra che solo un malato poteva pensare di vincere.
Vincere molte battaglie e poi inevitabilmente perdere la guerra.
Riversare quantità indecenti di ‘’come bisogna fare’’ .
Verbi patetici in crema spalmabile sulle infelicità croniche.
Nostalgia, troppo dolce per essere vera.
È la paura, l’insicurezza o la mancanza di alternative comode che spacca la vita in due, è giù fiotti di sangue e pezzi di nervi nel tritacarne.
Mentre cammino con voi in questa paesaggio arcaico, mentre il grande vecchio saggio spiega cosa, come e quando essere e cosa, come e quando avere, io sogno di starmene qui nella pace delle nuvole, nell’orgasmo degli occhi, qui a mille metri di distanza dal mondo, dalle sue logiche e dai suoi contraddittori insegnamenti.
Sento su di me i numerosi passi su sentieri dissestati, la verità che si schiude respirando la montagna, rispettandone gli equilibri, danzando con l’erba per la forza del vento.
Giuro che ho visto l’aria abbracciarci e temo lo sciogliersi di questo abbraccio.
E non so capire se questa quiete illumina l’assenza di me o la presenza di me, perché qui si scompare sullo sfondo, qui questo enorme  tutto sembra ancora più grande e vorrei capire,  perché quel tutto sembra alla portata di ognuno e ognuno nel suo piccolo contribuisce a distruggerlo.

4 marzo 2014

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Un dente del giudizio che spunta a trent'anni, sembra uno scherzo della natura, meglio guardarsi le spalle e capire, capire che dovunque andrai io sarò con te, che i tuoi passi in punta di piedi su questa strada di cristallo sporco e nero da qualche parte porteranno ed è inutile cercare dove, lo scoprirai, prima o poi.
Ci vuole costanza per raggiungere le cose ed io ti parlo come un grande vecchio saggio, sussurro alle tue paure che sarà tutto perfetto, che alla fine il cielo resterà comunque del colore che è, che qualsiasi cosa si muova dentro avrà la libertà di muoversi entro i nostri confini, che poi è tutto quel che ci interessa.
Perché la fine è già finita e l'inizio è già iniziato, in fondo questa è l'unica verità che come luce perpetua risplende su tutti noi.

4 gennaio 2014

Gennaio


Le altezze più pericolose allo sciogliersi dei miei rigidi tetti, di amianto e pensieri turbolenti, sono vette temibili agli occhi, come se non avessi mai provato a volare o a cadere dalle nuvole di ottone che questo modo di vivere inquieto ed incerto offre.

Dona come donna in calore si dona.

Dona cosa? Che cosa? Cosa è rimasto degli azzurri cieli, di libertà ingenue e magnifiche, di urla per calpestare quello che al cuore sembra ingiusto.

È il giorno dopo giorno, la giungla camaleontica della coscienza, il selvaggio mietere tutto, cosa tollero e cosa non tollero, il perché volere non è altro che mani imbrattate e fradicie di nicotina, la stessa che sublima la mia diffidenza verso una vita che si costruisce col sudore e col sacrificio seguendo progetti a lunga scadenza, progetti che mai furono più esasperati dal buon senso.

Nell’inferno dei popoli civili, il peggio dilaga e le fiamme avvampano di una luce che si fa vermiglia col consumarsi dell’ossigeno, che l’osso per i miei cani bastonati dai miei candidi battiti si faccia acciaio.

La mia sorda, stolta, preghiera di fame.