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28 maggio 2008

La morsa sociale, lavorare

Assunto.
Apprendista.
Assurdo.
Che oggi è stato il mio primo giorno di lavoro.
Ragioniere.
Ragionare.
Lavorare e la testa mi fa male.
Chissà cosa resterà, delle mani che si sciupano, delle bestemmie sotto il sole, delle tante ore, del gelo, del vedere i fiori fiorire e io a raccoglierli per farmi maledire dalle piante.
Dei fitofarmaci e dei diserbanti.
Sono nella morsa. E gli ingranaggi girano e non si fermano.
E avrò uno stipendio.
E spero di ritrovare l'anima nel database che gestisce il magazzino.
E ho paura di perderla di venderla a qualche cliente, di vederla fatturata, acquistata magari a poco prezzo.
E farò molti straordinari.
E non voglio spengermi.
E sento i sogni più lontani.
E colo di inquietudine al pensiero della distanza da quel che sono.
Che il lavoro uccide non sempre la carne.
E io non voglio morire al lavoro.
Che ''sono un musicista contabile, ho il male di vivere o è il troppo caffè'' che sogno di volare lontano più lontano del profondo e ora ho un lavoro che mi tiene ben saldo alla realtà.
Mentre la testa gira e ti chiedo di darmi sempre la verità.
E sarò leale ma adesso si è fatto più forte il reale e si è preso la mia vita.
Che a lavorare in nero mi sentivo vero, adesso lavorando per davvero un pò mi piego per necessità.
''Il lavoro debilità l'uomo''.
L'umanità debiliterà il lavoro.
Che non voglio certo l'oro.
Che non voglio certo esser come loro.

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