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4 ottobre 2013

Anni Felici

Mi sono rotto il cazzo...questa è la verità!! non c'è altro da dire stop alla telefonate. stop alle minchiate, stop alle farse.

C'è solo la realtà.

A un certo punto uno nella vita uno si rompe il cazzo, non c'è un cazzo da fare, si rompe il cazzo di essere, si rompe il cazzo di avere, si rompe il cazzo delle responsabilità, si rompe il cazzo di avere un passato, si rompe il cazzo praticamente di tutto.
Ero un passionale una volta, poi mi sono il rotto il cazzo. Ho bisogno di detonare il mio cervello. Il problema è tutto li, io sono malato.
Cancellatemi l'hard disk, voi signori potenti del mondo lo potete fare.

Questo post è stato scritto dopo un abuso di grappa Bertolini comprata alla coop a 5 euro in offerta e devo dire con illuminata soddisfazione che è stato uno dei migliori investimenti della mia vita.

Ricordatevi di santificare le feste magari facendovi un trombata.
Fanculo al gruppo Bilderberg.
Fanculo al mio mondo.
Fanculo così diciamo en passant

Adesso per la gioia del mio uccello nonché delle mie palle gonfie mi vado a fare una bella sega guardandomi un video fetish della mia fidanzata immaginaria Cherry Torn e se non ne avessi abbastanza coinvolgerò anche Aletta Ocean gran pezzo di troia scoperto di recente.

Spero  essere stato troppo volgare, vorrei offendere la sensibilità degli un incauti lettori, detto ciò vi auguro una notte insonne.

P.S. odiate il mondo perché lo merita

16 luglio 2013

Ossigeno nero

Composta neve in disordinata speranza
con la bava alla bocca cerchi il tuo posto
un posto nel mondo
in un mal riposto senso di superiorità
ridicolo al sole
su per i ghiacci perpetui
dove l'aria si fa rarefatta
e l'ossigeno incendia i polmoni
c'è un tempo per il coraggio
e un tempo per la cautela
un tempo onesto e tremante in cui aspettare
e un tempo rapido da rincorrere superare
per offendere il cielo
dove si fugge dove fuggono tutti
dove fugge chi ha fame
ci sono paesi come finestre
in cui scegliere la viltà e i grandi rifiuti
e finestre come paesi
in cui gettarsi tra le braccia della vita
consumandosi
nell'ansia di scacciare via qualcosa
nell'ansia di rincorrerla
è un carnevale tetro e allegro questo tempo
che cosa abbattiamo in esso
qualcosa
tutto
niente
nel bisogno di mascherarsi in ogni cosa
nel bisogno di spogliarsi di ogni cosa
nell'innocenza remota di cuore vivo
di eterna giustizia di eterno presente
nelle sue facce relative
i miei occhi sono troppo aperti
per seguire un'unicità di percorso
vedo un sole troppo grande per la mia maschera
vedo neve troppo soffice e gelida per il mio corpo
di luce muore chi col freddo non si muove
nella proporzione della vita
la variabile è l'amore
chi ha visto bruciare ogni cosa
ogni casa ogni singolo movimento che si libera in aria
chi ha sentito scoppiare le vene
chi non ha più sentito per aver sentito forte
così forte da far tremar la terra
è questo che chiedo

1 luglio 2013

Marlene Kuntz - Solstizio


Notte


Inizia con una strada che non è una strada, è un sentiero, sconnesso,  buche e sassi, sotto i miei piedi lacerati, i miei piedi di burro e acciaio , che lasciano passi d’ombra collosa mentre mi muovo verso la luce verso il verde foresta infinito smeraldo, poi BOOM, la vita ti spara alle spalle, pelle, carne, muscoli, legamenti, polmone, cuore, è un proiettile cattivo, feroce, rabbioso che si conficca dentro me, che non esce, sta li come crisalide, mia farfalla spezzata che incrina, vanifica, la mia attesa la mia smania di emergere, di scalciare, di urlare una rinascita illegale.

Ho un interiorità troppo grande per la frivolezza delle mie azioni, io non sono un uomo frivolo, io non sono semplicemente un uomo, sono di più, sono la vita e sono la morte, sono sentimento puro cristallo e macchie di vita bianca, nera, porno amore affascinante.
Non posso permettermi questa ricchezza, non posso permettermi questa povertà, scintillante miseria mia, ancora di salvezza, cuore di misericordia, nella grazia di questo dolore mi piego, e conto le ore e le capovolte nello stomaco, mentre mi si spezza il cuore, la schiena, sento lo schianto nelle spalle, mentre gli occhi si chinano a guardare questo sangue  caldo che cola giù a piccole dosi e si rannicchia timido sul pavimento e come acido lo divora affinchè io guardi ancora più giù nel fondo del profondo, sul'orlo del limite.

Resto convito che questa sia una cosa tanto bella quanto orribile, è lo splendore e il terrore che si baciano e si nutrono di un'anima e di un corpo che non riesce a spaccare il cordone ombellicale con l'affanno del mondo.

Dall’età della consapevolezza ad ora le mie cento metamorfosi di pelle hanno avuto sempre il medesimo odore, il fetore di un amore nevrotico, insano, radiante voracità perdigiorno che consuma me, per primo me, che mi cova dentro, come un’infezione, un’agitazione, un’ansia selvaggia, minacciosa che io non so domare, non posso domare, è un dolore che mi ruba tutto e lascia tracce di cenere, di me, come un mattino  che distrugge  le ferite gonfiandole a dismisura.

‘’E gli occhi tuoi mi rubano la luce perchè tu possa splendere nei miei
Allora non rimane niente e te ne vai
Allora non rimane niente e te ne vai

Consuma spento e lento il mio dolore
Consuma me’’

21 giugno 2013

Poesia del lavoro


Sono sogni muti quelli che più impressi
Rimangono dentro come un respiro trattenuto
Sogni disperati e vivi che non ti parlano ne fremono di spiegarsi
Sogni sedotti dall’inconscio, bianchi e lucenti
che ti aprono la strada del buio
Apnea di vita che libera preme e di nuovo libera
Ossigeno vero in terra carbonica
Voglio solo bruciare, bruciare, bruciare
Bruciare, bruciare fino raschiare il fondo del calore della cenere
Sono sogni muti quelli che ti rivelano la verità
In un chiasso assordante di musica cruda
Ascoltata da assurda negligenza
di libera scelta in cui esprimo
Parola fatta carne
Silenzio vivo e  anima

20 giugno 2013

02:53

anima in prosa sfatta ricomposta
secondo piani inclinati
di soggettiva giustizia edile
in compassionevole trepidante stato di emozione
feroce violento vitale
confinante all'esilio
clandestino nel niente
che mi rigetta in mare aperto
fascista desiderio che mi amplia l'affanno
il respiro il danno all'inganno
sciogli distogli e ancora mordi
in nodi tra le unghie pensanti
colanti di sangue imbrattato di cupidigia
che richezza fu prima ossigeno fumo
e poi incenso
mesto riflusso che onda su onda
si infrange poi muore
e si schiude e rinasce
in quello che ho dentro

19 giugno 2013

La libreria

Entro in libreria che saranno le nove e mezza, come prima cosa ovviamente scruto verso la cassa per vedere se ci sei, ma non ti trovo, così mi metto alla tua ricerca in ogni angolo del posto, cerco in ogni stanza del locale, come un cane che sente il profumo di un osso  e si mette a scavare ettari di terra ma non lo trova. La cassiera di stasera non ha neppure un quarto del fascino che emani, ha gli occhi spenti e non puzza di vita come te.
Ci rimango male quando mi rassegno al fatto  e realizzo che davvero stasera non ci sei. La libreria non è la stessa, è come un libro senza pagine.
Non so ne come ne perché ma c’è un qualcosa dentro di te che mi attrae fortemente, saranno i tuoi occhi azzurro ghiaccio, penetranti come può essere un chiodo in un legno secco. Devo solo capire se il martello è mosso dalla mia fantasia nervosa  oppure è insito in te, pronto a spingere ogni cosa che hai, nelle persone che sanno osservarti davvero.
Ho già fantasticato di spogliarti  sopra un letto di pagine, di morderti, di toccarti, inizierei dalle spalle che probabilmente ogni uomo che hai avuto ha sempre sottovalutato, così piccole e bianche da inalare come una striscia di cocaina, chissà se ti piacerebbe saperlo.
La prima volta che ti ho visto canticchiavi alcuni versi delle canzoni dei Doors prima di essere interrotta da un vecchio coglione che comprava un libro pressoché inutile. Sarei rimasto a guardarti per ore, forse per giorni, mentre le tue labbra continuavano a muoversi e la tua piccola voce si rintanava in ogni anfratto della Mondadori.
E’ grottesco che tu lavori lì, è come trovare un chicco del bene più puro nel male assoluto. Mondadori l’editoria del male, il manifesto del consumismo alla conquista della cultura. So che lo sai, so che ne sei consapevole, e per questo che hai quasi sempre lo sguardo perso nel vuoto, quasi a cercare una via d’uscita, quasi a giustificarti con l’universo che in fondo è la vita che ti chiede dei compromessi se vuoi sopravvivere in modo onesto.
‘’Chiedi alla polvere’’ arriva a fine settimana, così ne prenoto una copia e mi metto a cercare qualcosa di interessante. Noto una coppia di persone, madre sulla cinquantina e figlia sulla quindicina, stanno cercando disperatamente ‘’50 sfumature di grigio’’, noto best seller puttanesco , questa non me la posso perdere mi dico, così mi avvicino glielo indico e con un ghigno degno del miglior Jack Nicholson dico alla madre ‘’ottima scelta  signora’’.
E’ gratificante e soddisfacente per me prendere per il culo una persona ed essere ricambiato con una gentilezza che infatti prontamente arriva.
La tardona  secondo un copione già scritto abbocca e mi ringrazia con cortesia, fa un piccolo sorriso imbarazzato e si avvia verso la cassa,  povera frustrata signora dagli ignobili gusti letterari , spero per te che tuo marito ti chiavi un po’ meglio.
Mi imbatto  in ‘’Petrolio’’ di Pasolini, sfoglio qualche pagina poi lo rimetto al suo posto. Esco, mi accendo una sigaretta e con il suo fumo salgono in aria anche i miei pensieri. Si dilatano nebbiosi in questa città di luci e apparenze.
E’ tutto così strano, è come se avessi  oltrepassato la morte per ritornare alla vita, mi sento giovane, mi sembra che in tutto quello che mi circonda si nasconda un’opportunità silente, sommessa, pronta per essere sorpresa e morsa.
Non ho bisogni ho semplicemente fame, una fame nervosa, una fame irrequieta di vita che non mi logora ma stimola e rende raggianti i miei digiuni, i miei pasti inesistenti.
Ho sempre visto la morte come la dea della rassegnazione, come una realtà fredda che congela la speranza, tetra e sicura che ad intermittenza però rilascia il suo alito come il calore dei termosifoni d’allumino in inverno. La morte può essere confortevole a volte.
Un’ oscura e affascinante compagna di viaggio da cui diffidare come un’ombra che dietro un pieno sole compare  per ricordarti che esiste ma io mi slaccio le scarpe per scollarla dai piedi e corro con trentanove gradi verso l’asfalto infinito.

16 giugno 2013

Piccolo racconto notturno

Certa gente non dovrebbe esistere come come  non dovrebbero esistere le zanzare, troppo equilibrio e troppa tolleranza fa male all’umanità, me ne rendo conto quando cado nelle mie profondità agrodolci, certa gente è così inutile senza un cazzo di interessante da dire e da provare che non meriterebbe di sporcare il significato della parola vivere.
Eppure ci sono anche loro a rendere questo mondo sempre più caotico e volgare, sempre più ansimante e bisognoso di strapparti quel respiro di pura vita che hai, per trasformarlo in ordinaria e sonnambula morte vivente.
 
Leggere Henry Miller ha risvegliato in me una certa violenza vitale che ho sempre saputo di avere ma che non mi sono mai concesso a fondo.
 
Masturbavo questa ragazza orientale con la pistola del silicone e la minacciavo di spararle dentro il composto se non avesse acconsentito a tutta una serie di porcherie a cui l’avrei costretta. Lei era in pieno godimento, ci godeva un sacco a prendere quell’oggetto freddo e metallico su per la fica così  annuiva e gridava ‘’si’’ e mi implorava di non smettere con una forza così mascolina nelle reazioni delle gambe che mi impressionavo. Mi sembrava di lottare con due boa con le convulsioni, con due pitoni invincibili da addomesticare, con due grossi serpenti pronti a colpirmi in un qualsiasi momento.
E’ meraviglioso l’effetto che ha su di me il potere applicato al sesso, è stupefacente quanto sia così tanto eccitante avere una persona in balia dei tuoi capricci, delle tue perversioni.
Ad un certo punto mi sento diventare cattivo, le schiaffeggio una tetta e poi le stringo con forza un capezzolo, le sfilo l’utensile da dentro la vagina e la giro supina di forza.
Mi metto a leccarle il buco del culo, mentre con le ginocchia le allargo le gambe  con le mani le dilato le natiche, piccolo e roseo buco di meraviglia  fammi felice dico con voce rauca, poi mi tiro fuori il cazzo e l’appoggio con cura al suo ano umido della mia saliva e spingo, spingo senza fregarmi del dolore che può sentire, spingo quasi a violentarla mentre lei si dimena e inizia a mugolare di smettere lacrimando.
Così con la mano inizio a strapazzarle la fica, che via via si fa sempre più umida e spugnosa nelle mie mani.
Non ho un gran cazzo ma lo sento quasi strangolato nelle sue chiappe di Dea troia.
Dopo un po’  le mie cure sembrano iniziare a piacerle, inizia a dare cenni di godimento, accompagna sempre di più i miei colpi, il movimento si fa sempre più fluido, poi si alza a carponi usando le braccia e le mani e io la sbircio allo specchio che ho sull’armadio, sembra una vacca da monta con le tette che le penzolano in avanti e indietro ad ogni rintocco di cazzo, gli occhi chiusi e la bocca aperta e ansimante.
Mi dimeno, inizio a muovermi veloce, vorrei avere un cazzo di cinque o sei metri per schiantarla in due, vorrei arrivare  a chiavarle l’anima, fotterla nel cuore, farla sentire bambina, poi di nuovo grande, poi nuovamente bambina, farla sentire come la vedo, una meravigliosa cavalla di razza che sta cavalcando nelle praterie dell’Eden, una troia a cui è concessa la fonte dell’esistenza, una troia che sa amare di subire tutto quello che c’è da subire,  che sa strappare alla vita tutto quello che ha da offrire, che sa capire ed apprezzare in profondità cosa significhi essere dominata ed essere ubriaca di cazzo.
Sento che a quel ritmo non durerò molto così mi calmo un attimo, le  prendo il mento e  lo tiro su, arrivo a baciarla sulla bocca e sento un calore enorme dentro, che visione sublime una donna che mi bacia col mio cazzo in culo tutta inarcata all’indietro con i seni tesi dove eruttano capezzoli duri come marmo sopra l’altare delle mie mani. Un’animale a due teste congiunte, nudo crudo e vivo, fuso nella sodomia e nel piacere, mostro di energia.
Poi mi sveglio di soprassalto, accanto a me non c’è nessuna, nella notte non c’è stata nessuna, sono le nove di mattino e tra mezz’ora devo entrare a lavoro, faccio un sospiro, mi prendo il cazzo fra le mani e mi masturbo quasi a violentarmi mentre farnetico qualcosa che neanche capisco e vengo dovunque. Tutto si cancella, la stanza, la mia pena, il tuo viso, gli stronzi, il mondo, a me non  importa più di niente, non mi importa delle tonnellate di mediocrità che sono costretto a subire, non mi importa più dell’ora, sto venendo e sto venendo di gran gusto e fanculo a chi non lo capisce e poi rido di un sorriso così allegro e vivo, che mi sento un bambino a cui babbo natale ha portato tutti i giochi desiderati. E’ più di una sega, è un atto d’amore alla vita.
Chiamo a lavoro mi invento un malessere inesistente, avrei voluto dire ‘’ poveri coglioni e gregari state in quel posto di merda a marcire’’ ma purtroppo mi sono limitato a dare l’arrivederci all’indomani.
Oggi sono troppo vivo per lavorare, oggi è un buon giorno per vivere.

13 giugno 2013

L'ultima sigaretta della notte


È fiamma meccanica che ti da vita
ma è la mia stessa vita che ti nutre
ciò che attraversa il respiro
è un flusso di fumo ingiallito
che dall'interno delle dita ti accarezza
e ti porta dentro me
risucchiata avidamente
come bocca di bimbo mi nutro al tuo seno di madre
come ossigeno come aria vitale
aspetto di esalarti
quanti pensieri si mischiano con te
tu ti che ti consumi calda
nel Cocito della mia anima
e da lì riaffiori pulsata dal cuore in ogni dove
tu bruci e lentamente ti spegni
in simbiosi perfetta la tua morte
accende i miei ultimi passi verso la stanza del sonno
lasciandomi un gusto secco ed aspro
lasciandomi domande che mi infettano
senza toccarmi

 

12 giugno 2013

''Tutti giù per terra''


Esistono tempi per tutto. Meccanici ordinari e metodici. Imprevedibili, maledetti e stupefacenti.
Tempi veloci, tempi lenti, frammenti, porzioni e interi universi, il tempo ci soggioga, divide in violente fazioni le nostre costellazioni di pensieri, qualche secondo e a volte tutto cambia, un amore si spacca, un cuore si ferma, un figlio rimane orfano, una donna diventa uno spettro, una persona muore.
Quello che è certo è che il dolore mi purifica, orribilmente mi fa sentire vivo. Sono il fuoco e le fiamme che danno luce al sole e quest'ultimo brilla in uno sterminato e buio universo.
Cosa sarebbe l'eterna luce senza l'eterno buio, niente.
Le due facce della stessa moneta sono perfettamente antitetiche e simmetriche, coniate per dare un valore unitario al freddo pezzo di metallo.
La verità è che ho imparato ad accettare la verità, anche quando si presenta come una sodomia che si consuma nello spirito di ogni persona che ne è uscita viva.
Così in questi momenti di matura inconsapevolezza riesco a scovare una piccola alba dentro un tramonto stanco che si appoggia sul crinale del monte.
Non voglio più recitare a memoria nessuna parte che mi sia stata ritagliata, per quanto conforme e idonea ad ogni mia caratteristica, io scelgo la vita, scelgo la morte, scelgo di non scegliere, scelgo me.
Mi rimbomba in testa la tua voce strozzata accompagnata da un'espressione potente, c'era una tale unione di linguaggio che potrebbe aver dato vita ad un quadro surrealista sulle possibili sconfinate vie dell'essere intrise di disperazione, paure, stati di agitazione e coscienza dello smarrimento a cui ci obbliga la vita.

 

E poi un tremore sottile
una scossa avvertita fino al profondo
che sradica me stesso dalle proprie fondamenta
dissolve l'acido sopra cui cammino
e proietta il mio spirito oltre il profumo del freddo
E sono foglie alberi campi sterminati
di fronte a me che chino su di loro
ringrazio ogni essere vivente
ogni singola creatura
che crea energia
che poi in rivoluzione totale
libera in aria
l'identificazione della speranza
rafforza anziché distruggere la mia facoltà di sentirmi vivo
ringrazio questo scorcio di verità
che non ha niente a che fare con ciò che mi opprime
per essersi rivelato senza farmi male
intimamente male
intimamente
io gioisco di me

19 aprile 2013

ACCIDIA

Esistono giorni in cui il sole si fa nero
in cui la mia cupa lucidità si fa forte
più forte di quel che bevo
più vera di quel che credo

giorni in cui esistere diventa resistere
giorni che ti risucchiano nello stomaco
dove anche la morte si piega
al nulla feroce

le mie lacrime di sale d'acheronte
bagnano le sponde e poi si fanno lago
in ciò che ho che avevo e che avrò dentro
in un costante declino dall'incedere fermo

immobile costretto  nel medesimo punto
interno in cui ero
non so più dove sono

21 gennaio 2013

Terra di stupri, terra di niente


Adesso che ho la febbre, provo ad aprire gli occhi, provo a guardare al di là di questa cella illuminata dal neon, offuscata dalla condensa sul parabrezza di questa mia vita che in qualche modo si trascina tra le vie di questo paese, avaro di gioia e ricco di pioggia.
In quei pochi secondi in cui mi sono voltato ho ascoltato la velocità dei tuoi movimenti mentre scendevi i gradini, quei piccoli rumori, come i passi di un un paio di decolté su un pavimento di cristallo,  poi ho avuto il coraggio di guardare il tuo vestito color rosso sangue che avvolgeva la tua figura slanciata e proiettata nell’universo.
Ho provato a cercare, ho indugiato, ho capito.
Io inchiodato ad un bicchiere non ho mai smesso neanche per un secondo di fissarti. Sarà il mio costante stupore alcolico, sarà il fatto che brindo al più sano e costruttivo nichilismo per liberarmi dalle torture e dalle paranoie che la mia mente in modo ingenuo e geniale progetta e si costruisce in nome di un mondo migliore in cui far rinascere la mia anima.
C’è qualcosa di dolce nella sconfitta, qualcosa di morbido e seducente e ora come ora so che la sua lama non può farmi male, intimamente male.

L’orologio batte le ore, il fossato si allarga, non c’è un modo giusto per morire ma neanche uno giusto per vivere e questo nel mio personale mondo malato è una piccola felicità.