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24 febbraio 2008

Ali d'oblio

In un giorno indefinito di una stagione irregolare in un'alba magnifica celebrata da un paesaggio paradisiaco dove il mare è vegliato dai monti, incontrai la poesia.
Mi accolse sulle sue ginocchia mi fissò con occhi immensi, era bellissima nella sua sublime nudità non avevo mai visto tanto splendore.
Mi avvolse in un abbraccio magico in una dolcezza tenera che nessuna amante saprà mai dare al proprio amato e nessuna madre saprà mai dare al proprio figlio.
Immerso nella sua infinità, nella sua luce, stretto al suo seno e nutrito col suo latte.
Mi fece bello. Di una bellezza rara. Di una bellezza unica.
Terminata l'alba mi guardò ancora negli occhi e se ne andò senza dire niente, se ne andò via.
Sedotto ed immobile, strabiliato ed illuminato rimasi fermo a contemplare e celebrare dentro di me ciò che mi era accaduto.
Come quando quello che non c'è si sbarazza del suo non esistere.
In quell'unico incontro mi aveva reso dipendente, affascinato e rapito non potevo più vivere senza di lei.
Tornai più volte in quel posto ma non la trovai più, il tempo lento scorse nel panico della sua assenza, passarono giorni mesi anni ma di lei nessuna traccia, mi aveva cullato nell'abbraccio del battesimo e dell'abbandono, mi aveva lasciato solo, in pasto al mondo, alla sua violenza alla sua ferocia, in pasto ad un nuovo me stesso affamato e vitale.
Lasciato solo a consolarmi gli occhi con lacrime di lava, a perdere sangue dal cuore, a tormentarmi il sonno, a spalancarmi dentro il sentiero per un infinito universo di dolore.
Nelle costrizioni sociali, nelle maschere e nei vestiti civili.
Violentato da tale assenza il mio amore pian piano cadde nel petrolio e si consumò nella sua tossicità e nelle fiamme nere dell'odio.
E la cercai con gli occhi neri, e la cercai vagando per il mondo, e la trovai in un paese lontano seduta su uno scoglio, ingioiellata e magnifica di sfarzo e calore barocco.
Stentai nel vederla così diversa da come la ricordavo. Nel vederla imbellettata e appesantita da doni e tesori a lei regalati.
Le corsi incontro nella verità di una gioia vestita d'irreale, le strappai i capelli la sfigurai distorcendone i lineamenti con lame nate dalle mie ferite. La scopai con violenza come acciaio e ghiaccio, la scopai come se fosse me.
Le usai violenza. Mi usai violenza.
Infierendo sul suo corpo delicato, arreso alle torture dal mio essere torturato.
In tale violenza ho trovato il decesso dell'eccesso. Il consumarsi.
Ho trovato la dolce quiete dell'inizio e il desiderio nuovo di nuova luce e neve nuova.
Il desiderio di pulito.
Intaccato.
Non posso non ascoltare la voce viscerale che mi sussuara e mi sporca il cuore.
L'amore del perduto.
Ma non posso non sentire ciò che è vivo e naturale.
Mi sono sentito vivo quando, scempiata nella sua bellezza, con occhi gonfi del mio dolore mi implorò di ucciderla ed io in totale illucidità e calore di freddezza la lasciai vivere nell'impossibilità della sua stessa bellezza, rendendola nuova, rendendola luce obliata di un nuovo firmamento senza stelle.

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